Francesco Nucara al Circolo Mazzini di Cesena/Il dibattito sul passato ed il futuro del repubblicanesimo romagnolo Edera, una tradizione che durerà a lungo L’assemblea del circolo Mazzini di Villa Chiaviche di Cesena, a cui è stato invitato il segretario del Pri Francesco Nucara, ha offerto una spaccato della realtà del partito romagnolo e del dibattito al suo interno. Il circolo Mazzini di Villa Chiaviche è una delle sedi storiche del Pri, dove si ricorda ancora l’inaugurazione del 1952 alla presenza di Randolfo Pacciardi. L’attaccamento al partito fra gli iscritti è quasi un fattore naturale. Vi sono iscritti con bisnonni caduti in battaglia contro le truppe papaline nella prima metà dell’Ottocento e questa tradizione familiare pesa. E pure, proprio sulla base di questa storia lunghissima, si ha magari difficoltà ad orientarsi nel tempo presente. Un disagio che si avverte nell’intervento di Africo Morellini. Il Partito repubblicano ha difficoltà ad amalgamarsi con altre forze da quando è stata introdotta la legge elettorale maggioritaria e al tempo stesso tende a dividersi al suo interno sulla base di presunte o effettive incompatibilità. C’è il repubblicano storico che non vuole avere alleanze con chi nel secolo scorso era fascista e c’è il repubblicano storico che altrettanto non ne vuole con chi è stato comunista. E poi c’è stata una crisi, grave, pesante del partito iniziata già nel 1992, all’alba di Tangentopoli e che ha lasciato strascichi di cui ancora esistono le tracce. Il partito della Romagna, questa l’analisi che viene svolta nell’intervento di un membro della Direzione Nazionale esperto come Denis Ugolini, teme di non essere capace di rivolgersi all’esterno così come di trovare una generazione che subentri a quelle che hanno fatto la storia del Pri, e che, semplicemente rischi di estinguersi. Cesena ottiene ancora dei risultati confortanti, ma la crisi si avverte nel forlivese, nella provincia di Ravenna, dalle difficoltà nazionali. Ugolini e con lui il capogruppo Pri in consiglio comunale Luigi Di Placido chiedono innanzitutto un rinnovamento della classe dirigente, dei contenuti delle battaglia del partito, un Congresso nazionale straordinario per accompagnare la fase di transizione politica che ci attende. E questa è una delle anime che si agitano nel contesto di Cesena. Se ascoltiamo un altro membro della Direzione, Bruna Righi, di Cesenatico, vi sono invece le ragioni della resistenza repubblicana dura e pura. Per la Righi la crisi dei partiti nel loro complesso è più grave di quella che affronta il Pri, che almeno ha un punto di riferimento fermo nell’affidabilità, la serietà, il disinteresse. Il Partito repubblicano per Bruna Righi ha tutte le caratteristiche per tornare a riconquistare consenso, bisogna solo - ovviamente non è cosa da poco - moltiplicare l’impegno. Poi ci sono anche amici che tacciono, come Mario Guidazzi, intento però a prendere appunti, e altri nervosi fra il pubblico, come Paolo Gambi. Militanti di base e quadri che sembrano contesi fra lo scoraggiamento e la voglia di non arrendersi. Un contesto di fronte al quale il segretario nazionale ha cercato di svolgere un ruolo terapeutico, nel senso che le difficoltà ci sono, e pure non sono insormontabili. Piuttosto bisogna apprendere la lezione di tenacia che proviene dalla storia repubblicana e cercare di intensificare gli elementi di coerenza politica. Un certo andamento a zig-zag, che pure il partito ha tenuto in passato, anche a proposito di tematiche consolidate, non aiuta. "Fate più battaglie", dice Nucara, chiedendo al partito di sapersi caratterizzare sia quando è all’opposizione sia quando è nelle maggioranze di giunta. "Non ho mai sentito dire negli ultimi vent’anni che il sindaco di Ravenna ha gli occhiali impolverati. Gli occhiali del sindaco di Ravenna sono sempre splendenti". Nucara poi è forse il più convinto delle doti di longevità del partito: "Siamo flessibili, ma non ci pieghiamo ai compromessi, non ho mai pensato che ci si possa sciogliere in qualcosa di diverso da noi". E’ il motivo per cui, arrivati fino a qui, dopo cento anni e passa, andremo ancora avanti. |